“Dolce, liscia e colore malva” (Marcel Proust)

Queste le parole del poeta francese su una Parma immaginaria, non avendola mai visitata, che evoca chiaramente le sensazioni, olfattive ed emotive che la città ed il suo fiore simbolo, evoca. Tra le innumerevoli varietà di viole e violette, quella di Parma si distingue per essere quella più profumata, con la sua particolare essenza decisa ed avvolgente.  Fiore che accolse i favori dell’Arciduchessa Maria Luigia d’Austria, nonché Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, tant’è che “questo fiore identifica la duchessa, come identifica la città stessa”, come suggerisce Francesca Sandrini, direttrice del Museo Glauco Lombardi, ove sono conservati tutti i cimeli di Maria Luigia.

Sovrana del Ducato di Parma tra il 1816 ed il 1847, Maria Luigia si dedicò personalmente alla coltivazione della pianta prima nell’Orto Botanico da lei stessa voluto, che nel giardino della residenza estiva di Colorno, il palazzo dove per primo andò ad abitare ed in seguito nelle serre conservate all’interno del Parco Ducale, poco distanti dal Palazzo Ducale di Parma in cui si trasferì successivamente, e di cui le stanze venivano addobbate con l’amato fiore dopo esserne state impregnate col suo profumo.

È nel Convento dell’Annunciata che dopo richiesta dell’Arciduchessa, ed un lungo e paziente lavoro, che i frati cui era stato commissionato, riescono ad ottenere dalla violetta e dalle sue foglie, un’essenza del tutto uguale al fiore.

Dalla sapiente arte alchemica dei frati, nel 1870 Ludovico Borsari eredita la formula segreta, tutt’oggi gelosamente custodita, da cui nacque l’idea di produrre e proporre il profumo per un vasto pubblico dando così vita al profumo oggi conosciuto in tutto il mondo.

Nell’antica sede aperta nel 1934, oggi si può visitare “Primo Museo Italiano della Profumeria” e si può riscoprire la storia di questa fragranza che ha assunto col tempo il significato di purezza e umiltà.

Il fiore fu tanto caro a Maria Luigia quanto ai parmigiani, che ancor oggi vanno in pellegrinaggio fino alla sua tomba nella Cripta dei Cappuccini a Vienna, per deporne in omaggio un mazzetto.

 

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