Nonna Elide, che ha fatto in tempo a vivere la Seconda Guerra Mondiale e che ha sempre vissuto tra Parma, Baganzola e Fraore, raccontava di come fosse la vita al tempo. Tutte le volte che preparava la polenta ci spiegava cosa succedeva; da tenere presente che erano racconti di vita contadina, fatta di famiglie molto grandi, di contadini che lavorano nei campi da mattina e sera, insomma, in parte quello che si vede in “Novecento” di Bertolucci.

La “rezdora” (reggitrice della casa), una volta cotta la polenta, la rovesciava su una tavola e, quando si era raffreddata e rappresa, la tagliava con un filo. A questo punto iniziavano gli stratagemmi per fare in modo che durasse il più possibile: una fetta a testa, magari a pranzo; poi una fetta a merenda; poi ancora una fetta a cena. A volte si poteva accompagnare con della conserva, o magari la si strofinava su una aringa appesa ad un trave (una volta sola, per carità! altrimenti si rischiava “di crepare”).

Molto spesso però, soprattutto durante il periodo della guerra, la polenta era “sorda”, senza niente. Se visiterete il territorio parmense, nel periodo invernale, che vi muoviate tra la nebbia nei centri abitati o tra i filari di pioppi ed i campi arati della campagna, vi consigliamo di assaggiare la polenta. Vedrete, non sarà “sorda”.

CATEGORIA
Storie
INDIRIZZO