Le caratteristiche del territorio lasciano spesso tracce nella toponomastica (nomi dei luoghi); questa situazione si riscontra anche nella “Bassa” parmense. Questo ci spiegava la professoressa Santoro nelle lezioni di archeologia all’Università di Parma.

Spostiamoci quindi da un luogo ad un altro pensando a come doveva presentarsi in antichità il territorio: Sacca, piccolo centro nei pressi di Colorno, così chiamato perché sorge in una insenatura del Po (qui giunse il feretro di Maria Luigia nel 1848 per essere traghettato sul versante di Casalmaggiore); Roncocampocanneto, o Roncopascolo, o Roncole di Busseto, tutti derivanti dal termine “ronco”, dal latino medievale “runcare”, cioè “dissodare”; poi ci sono gli insediamenti posti vicino a corsi d’acqua, per i quali viene utilizzata l’espressione latina “caput”, “al capo”, al termine di quel corso d’acqua: Coltaro , Caput Tari, anche se ormai lontano dal Taro; Colorno, Caput Lurnio, là dove il canale Lorno si getta nel Torrente Parma.

Molto forte è la trasformazione che un corso d’acqua può portare ad un territorio: il centro abitato di Sissa deve il nome al termine latino “sixia”, separata, in tempi lontanissimi, a seguito dei mutamenti dell’alveo del fiume, da Palasone, sua attuale frazione (a proposito: consigliamo di assaggiare la Spalla Cruda di Palasone).

Cercate le origini degli altri toponimi: Sorbolo, Busseto, Frassinara, e poi verso le colline, Collecchio, o Torrechiara, e ancora oltre, verso le montagne, Tizzano …

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