“È raro che una città o una zona siano identificate con un colore, è un fenomeno tipicamente italiano: oltre al giallo Parma esistono solo il rosso Bologna, la terra di Siena, il verde brentonico, nella zona del Brenta e, nelle vicinanze, il giallo d’Istria. In passato poteva capitare che un principe in visita per qualche evento speciale chiedesse che gli edifici sul suo percorso venissero colorati di una particolare tonalità. Ma il giallo parma è nato spontaneamente, non per editto. A partire dal Seicento, con il barocco, si iniziarono a riprodurre i materiali dipingendoli, così la borghesia cominciò ad imitare le facciate dei palazzi dei signori ambendo una salita nella scala sociale.

Il giallo parma imitava una pietra francese che i nobili usavano per costruire i propri edifici. Risale al Settecento e in origine veniva chiamato “chiaro d’ovo“: era trasparente, leggero raffinato, elegante. Poi negli anni si è via via incupito perché nel corso del tempo i colori scuri erano diventati simbolo di autorevolezza. Oggi in città esistono almeno 50 toni di giallo, dal più chiaro al più scuro. In genere ricoprono architetture del Settecento che presentano sovrapposizioni di intonaco una sull’altra”.

Con queste parole l’architetto Massimo Casolari descrive le origini del colore simbolo di Parma che sopravvive in due diverse varianti: una più chiara risalente al Settecento e l’altra più intensa, del secolo successivo.

I palazzi costruiti durante i Farnese mostravano già un ampio uso di giallo ocra e rossi chiari, ma fu l’architetto francese Petitot che iniziò a dipingerli in un giallo dorato durante il restauro dei palazzi più importanti di Piazza Grande, l’attuale Piazza Garibaldi.

La leggenda narra di Petitot, ispirato dai residenti di Strada Sant’Anna e Strada San Michele, che dipinsero le loro case di un giallo oro ispirati dal colore dei capelli di Isabella di Borbone, passata in quelle strade durante la processione per il suo matrimonio.

In seguito con l’arrivo di Maria Luigia a Parma, la gradazione originaria utilizzata per colorare ville e palazzi è diventata sempre più scura, come quella che si può tutt’ora osservare nel Teatro Regio, intensificandosi poi ulteriormente fino alla fine dell’Ottocento.

Ora il colore pastello originale lo si può ritrovare solo scrostando i muri del Casino dei Boschi di Carrega tra Sala Baganza e Collecchio, dove l’Arciduchessa Maria Luigia, restaurando la villa in stile neoclassico, ne intensificò la tonalità del giallo.

 

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