Si tratta della maschera tipica di Parma che racchiude in sé i principali simboli della cultura parmigiana, ovvero della “Famija Pramzana”.
Pare che l’origine di questa maschera risalga intorno al 1600, periodo in cui era usanza comune nelle famiglie nobili far studiare i figli nei collegi. Così un ragazzo dell’epoca, forse della famiglia Pallavicini o Sanvitale, fu mandato al Collegio dei Nobili (l’attuale Convitto Maria Luigia), accompagnato dal suo servo originario (forse) di Neviano degli Arduini, località collinare del parmense.
Nel 1620, in occasione del carnevale, per scherzo il giovane nobile fece indossare al suo secondo un elegante abito a quadrotti bianchi e rossi formato da corpetto, pantaloni sotto al ginocchio, calzamaglia e un cappello a tre punte. Assieme a questi legò uno strofinaccio alla cintura (boràs), per far capire che comunque quella persona non era affatto un nobile.
A quel punto il nostro servo, non istruito ma molto perspicace e astuto, prese gusto a prendere in giro la gente e capì che calandosi seriamente nella parte del nobile avrebbe potuto ottenere qualsiasi cosa avesse desiderato. Poiché faceva di cognome Salati, in opposizione a quest’ultimo egli si presentava alla gente come l’insipido, in dialetto prima discevido, poi desevedo e infine dsèvod, la forma attuale.
Il tipico costume di Dsèvod è costituito da abiti di colore giallo e blu in onore della bandiera di Parma, un fazzoletto di seta e un cappello somigliante a un anolino, inoltre è stato aggiunto un cestino di violette, fiore preferito dell’Arciduchessa Maria Luigia.